Istruzioni operative dell’Inps sul fondo di solidarietà servizi ambientali

Si forniscono indicazioni sulle prestazioni ordinarie e integrative erogate dal Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito del personale delle aziende del settore dei servizi ambientali.

Il Fondo provvede all’erogazione delle seguenti prestazioni:
– assegni di integrazione salariale a favore dei lavoratori interessati da riduzioni dell’orario di lavoro o da sospensione temporanea dell’attività lavorativa per le causali previste dal Titolo I del D.lgs n. 148/2015 in materia di integrazioni salariali ordinarie e/o straordinarie;
– prestazioni integrative, in termini di importi o durate, rispetto alla Nuova assicurazione sociale per l’impiego (NASpI) ovvero alle prestazioni previste dalla legge in caso di cessazione del rapporto di lavoro;
– assegni straordinari per il sostegno al reddito su richiesta del datore di lavoro a favore di lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi 60 mesi, a seguito di accordi sindacali aziendali che tali assegni prevedano nell’ambito di programmi di incentivo all’esodo;
– alla stipula di apposite convenzioni anche con i Fondi interprofessionali al fine di assicurare l’effettuazione di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche con riguardo al personale eventualmente in esubero, anche in concorso con gli appositi Fondi regionali e/o nazionali o dell’Unione europea.

Le domande di accesso alle prestazioni ordinarie sono esaminate dal Comitato amministratore del Fondo, che delibera gli interventi secondo l’ordine cronologico di presentazione delle domande e nel rispetto del vincolo di disponibilità del Fondo.
Alle prestazioni ordinarie e integrative sono ammessi tutti i lavoratori dipendenti, compresi quelli a tempo determinato ivi compresi gli apprendisti con contratto di apprendistato professionalizzante ed esclusi i dirigenti, di imprese che occupano mediamente più di cinque dipendenti.
L’accesso alle prestazioni non è subordinato al possesso, in capo al lavoratore, di alcuna anzianità aziendale.

L’Inps ha predisposto un’apposita procedura in grado di gestire l’intero processo amministrativo sotteso all’erogazione delle prestazioni previste dai Fondi di solidarietà, ivi compreso il Fondo dei servizi ambientali. La procedura guida l’operatore in tutte le fasi del processo amministrativo, dall’acquisizione della domanda, alla stima dell’importo dell’intervento richiesto, all’inoltro al Comitato della proposta di deliberazione e al successivo colloquio con il “Sistema Unico” per il rilascio della conforme autorizzazione per il pagamento della prestazione.
All’atto della ricezione delle istanze di accesso alle prestazioni ordinarie garantite dal Fondo, le Strutture territoriali competenti devono provvedere alla relativa istruttoria, verificando nello specifico:
– la completezza della domanda;
– l’appartenenza del settore al campo di applicazione del Fondo;
– la correttezza e completezza degli allegati alla domanda;
– la coerenza della durata della prestazione con le regole definite dal Fondo;
– il rispetto dei termini di presentazione della domanda.
Inoltre, per l’assegno di integrazione salariale dovrà essere verificata anche l’integrabilità della causale.
Terminati gli adempimenti istruttori e sulla base degli stessi, la Struttura territorialmente competente predisporrà la relazione con la proposta di delibera per l’invio alla Direzione generale, che curerà, una volta verificata la capienza del Fondo in relazione all’importo erogabile così come determinato nell’istruttoria territoriale, il successivo inoltro al Comitato amministratore del Fondo per l’adozione della relativa delibera.
Nella fase di avvio dell’operatività del Fondo l’intero flusso sarà gestito dalla Direzione generale; con apposito messaggio saranno fornite le istruzioni operative per la gestione da parte delle Strutture territoriali (Circolare Inps 7 marzo 2022, n. 37).

GUARDIE AI FUOCHI: firmata la stesura del nuovo CCNL

Sottoscritta il 28/2/2022, tra ANGAF e FILT-CGIL, FIT-CISL, UILTRASPORTI, la stesura definitiva del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i dipendenti ed i soci delle Società e/o Cooperative di vigilanza antincendio che decorre dall’1/1/2021 e scadrà il 31/12/2023

Le parti, come convenuto nel precedente accordo del 21/12/2022, e dopo la convocazione di una commissione di lavoro, il 28 febbraio 2022, hanno sottoscritto l’elaborazione del nuovo testo contrattuale per i dipendenti ed i soci delle Società e/o Cooperative di vigilanza antincendio (Guardie ai fuochi).

Minimi contrattuali (Art. 52)
Nel nuovo CCNL sono state riportate le tabelle con i minimi retributivi da erogare alle seguenti scadenze:

Livello

Mimimi Tabellari dall’1/1/2022

Mimimi Tabellari dall’1/1/2023

Mimimi Tabellari dall’1/7/2023

1.917,03 1.961,26 1.990,75
1.776,28 1.817,27 1.844,59
1.572,10 1.608,37 1.632,55
1.433,47 1.466,55 1.488,60
1.364,71 1.396,20 1.417,19
1.300,19 1.330,19 1.350,19
1.230,35 1.258,74 1.277,67

Elemento di garanzia salariale (Art. 52)
In riferimento all’accordo del 21/12/2021 a recupero del mancato incremento sui minimi conglobati per il periodo Gennaio 2021-Dicembre 2021, sarà erogata a tutti i lavoratori in servizio alla data del presente accordo una “indennità di garanzia salariale” pari ad euro 450,00 (quattrocentocinquanta/00) lordi con le seguenti modalità:
– euro 250,00 lordi con le competenze di gennaio 2022
– euro 200,00 lordi con le competenze di maggio 2022.
Tale indennità una tantum non concorre nel computo di nessun istituto contrattuale, sarà riproporzionata per quei lavoratori con contratto di lavoro part-time, calcolata in dodicesimi per gli assunti nel 2021 e liquidata in anticipo per i lavoratori che cesseranno il rapporto di lavoro prima di maggio 2022.

Retribuzione (Art. 22)
– Per i Lavoratori delle società che operano all’interno dei porti
La retribuzione sarà corrisposta mensilmente fermo restando che il lavoro prestato sarà compensato in base ai giorni ed alle ore lavorate.
A riguardo valgono pertanto le seguenti norme:
1. Ai lavoratori che nel corso del mese hanno prestato la loro opera per l’intero orario contrattuale di lavoro comprese ferie, festività di cui all’art. 26, per congedo matrimoniale, per riposi o altre cause che comportano il diritto alla retribuzione, verrà liquidata la corrispondente retribuzione del relativo mese di cui al 1° comma lettere a e b del presente articolo.
2. Ai lavoratori che abbiano prestato la loro opera solo per parte dell’orario contrattuale verranno retribuite solo le ore effettivamente lavorate.
Detta retribuzione, dall’1/1/2022 non potrà essere inferiore a n. 19 turni mensili e dall’1/1/2023 non potrà essere inferiore a n. 20 turni mensili, per i quali sarà garantita la normale retribuzione.
La garanzia retributiva minima  mensile, in caso di ferie, festività retribuite, permessi retribuiti, infortunio e malattia (in questi casi da intendersi al netto dei primi tre giorni), concorrerà fino al raggiungimento dei turni mensili.
Eventuali giorni di sciopero ridurranno in pari percentuale la garanzia retributiva minima mensile.
I lavoratori saranno avviati in servizio ripartendo la distribuzione dei turni ordinari mensili in modo egualitario tra i dipendenti. Resta inteso che il lavoratore matura per intero TFR, ferie, 13ma e 14ma.
– Per tutti gli altri lavoratori
La retribuzione mensile è comunque garantita in modo integrale fatte salve esclusivamente le eventuali assenze ingiustificate.

Danno alla salute da malattia professionale: la prova a carico del lavoratore

Incombe sul lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare, oltre all’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’una e l’altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno.

Veniva accolta in primo grado la domanda proposta dal lavoratore nei confronti della società datrice di lavoro ai fini dell’accertamento della responsabilità in capo alla stessa nella causazione dei danni biologici, morali, patrimoniali e non, ed esistenziali a lui causati dall’essere stato addetto all’esecuzione di mansioni usuranti, all’esposizione a vibrazioni, a posture incongrue e ad eventi climatici senza che parte datoriale fornisse idonea tutela per i suddetti rischi, operasse una loro corretta valutazione e impartisse la formazione specifica a prevenirli.
Accogliendo l’appello della società la Corte, in riforma della pronuncia di primo grado rigettava, invece, la domanda del dipendente.
La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso proposto dal lavoratore, cassava la decisione di secondo grado che aveva erroneamente posto a carico del lavoratore la dimostrazione della violazione da parte della datrice di lavoro di specifiche misure antinfortunistiche, evidenziando che il lavoratore, invece, era tenuto solo a dimostrare il nesso di causalità tra le mansioni espletate e la nocività dell’ambiente di lavoro, tuttavia restava a carico del datore di lavoro la prova di avere adottato tutte le misure esigibili in concreto.
Decidendo sul caso di specie la Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui, incombe sul lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, il solo onere di provare, oltre all’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’una e l’altra, e, una volta che il lavoratore abbia fornito tale prova, spetterà al datore di lavoro dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno (Corte di Cassazione, Sentenza 03 marzo 2022, n. 7058).

Premio di risultato per le imprese artigiane edili venete

Siglato il 3/2/2022, tra la CONFARTIGIANATO IMPRESE Veneto, la CNA Veneto, la CASARTIGIANI del Veneto e la FENEAL-UIL regionale del Veneto, la FILCA-CISL regionale del Veneto, la FILLEA-CGIL regionale del Veneto, l’accordo regionale premio di risultato per i dipendenti delle imprese artigiane e delle pmi edili ed affini del Veneto.

La disciplina sui premi di risultato si applica a tutte le imprese edili artigiane e PMI comunque applicanti il vigente CCNL Edilizia Artigiani e PMI e il relativo CIRL Veneto.
Le imprese che intendano individuare uno o più indicatori aziendali legati all’incremento di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione ai fini del riconoscimento ai lavoratori di premi di risultato di ammontare variabile in relazione agli stessi parametri, dovranno inviare ai dipendenti una comunicazione (sulla base di quanto richiesto nell’allegato 1) con i seguenti elementi:
– il numero dei dipendenti;
– il periodo di riferimento (che dovrà risultare congruo ai fini dell’incremento degli indicatori individuati);
– gli indicatori al raggiungimento dei quali riconoscere il premio aziendale;
– l’ammontare del premio (che dovrà risultare variabile rispetto al risultato), la sua composizione e le modalità di corresponsione;
– l’importo del premio sarà corrisposto in misura proporzionale all’orario di lavoro del dipendente nel periodo di maturazione e conteggiato in 12 esimi dell’ammontare totale in caso di assunzione in corso del periodo di maturazione.
Il presente accordo ha validità a decorre dalla data di sottoscrizione e fino al 31/12/2023 e si intende tacitamente rinnovato di anno in anno salvo disdetta da inoltrare entro 90 giorni dalla scadenza.

Fisco: ok alle domande per Onlus e associazioni sportive dilettantistiche

Dal 9 marzo 2022 e fino al prossimo 11 aprile via libera alle iscrizioni al 5 per mille per Onlus e associazioni sportive dilettantistiche (Agenzia delle entrate – Comunicato 09 marzo 2022).

Il “Decreto Milleproroghe” (DL n. 228/2021) ha previsto che le organizzazioni iscritte all’Anagrafe delle Onlus continuano ad essere destinatarie della quota del 5 per mille per l’anno finanziario 2022 con le modalità previste per gli “enti del volontariato” (DPCM 23 luglio 2020) e, dunque, le nuove richieste di accreditamento al contributo del 5 per mille devono essere presentate all’Agenzia delle entrate. Oltre alle Onlus e alle associazioni sportive dilettantistiche di nuova costituzione, sono tenute a trasmettere telematicamente la domanda anche quelle che nel 2021 non si sono iscritte o non possedevano i requisiti richiesti. Il termine del 10 aprile 2022 previsto dalla legge cade di domenica e viene quindi prorogato automaticamente al giorno successivo, lunedì 11. Possono partecipare al riparto anche le Onlus e le associazioni sportive dilettantistiche che non hanno effettuato tempestivamente l’iscrizione purché regolarizzino la propria posizione entro il 30 settembre 2022. I requisiti devono essere comunque posseduti alla data di scadenza originaria (11 aprile 2022).
Non hanno bisogno di ripresentare l’istanza le organizzazioni non lucrative già presenti nell’elenco permanente delle Onlus accreditate per il 2022, pubblicato sul sito dell’Agenzia, e le associazioni sportive dilettantistiche già ammesse lo scorso anno presenti nell’elenco permanente 2022, pubblicato dal CONI sul proprio sito istituzionale. La richiesta di iscrizione, che contiene già l’autocertificazione sul possesso dei requisiti, va trasmessa in via telematica, utilizzando i servizi online dell’Agenzia delle entrate.
L’istanza di iscrizione va trasmessa tramite i servizi telematici dell’Agenzia, direttamente o tramite intermediario. In particolare, l’applicativo per l’iscrizione delle Onlus è disponibile sul sito dell’Agenzia delle entrate, mentre quello per l’iscrizione delle associazioni sportive dilettantistiche è disponibile sul sito del Coni, mediante collegamento con il sito dell’Agenzia delle Entrate, nonché sul sito della stessa Agenzia.
Gli elenchi provvisori degli enti iscritti saranno pubblicati dall’Agenzia delle entrate (per le Onlus) e dal Coni (per le associazioni sportive dilettantistiche) entro il 20 aprile 2022. Le correzioni di eventuali errori possono essere richieste, non oltre il 2 maggio, dal legale rappresentante del soggetto richiedente, ovvero da un suo incaricato munito di formale delega, alla Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate o all’Ufficio del Coni territorialmente competenti. La versione definitiva degli elenchi dei soggetti iscritti verrà pubblicata entro il 10 maggio.
Gli Enti del Terzo Settore si rivolgono, invece, per l’accreditamento al contributo del 5 mille al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per il tramite dell’Ufficio del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore.
A partire dal 23 novembre 2021, è divenuto operativo, infatti, il Registro Unico Nazionale del Terzo settore (RUNTS), e, pertanto, a partire dal 2022, il contributo del 5 per mille è destinato agli Enti del Terzo Settore iscritti al RUNTS, gestito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

Calendario 5 per mille 2022:
9 marzo 2022: data di avvio presentazione domanda d’iscrizione
11 aprile 2022: termine presentazione domanda d’iscrizione
entro il 20 aprile 2022: pubblicazione elenco iscritti provvisorio
entro il 2 maggio 2022: richiesta correzione domande
entro il 10 maggio 2022: pubblicazione elenco iscritti definitivo

Regime di adempimento collaborativo: modalità operative rafforzate

L’Agenzia delle Entrate ha aggiornato le previsioni in materia di competenza e le modalità di applicazione del regime, andando in particolare a stabilire le competenze per l’esercizio dei poteri istruttori, lo svolgimento delle attività connesse al regime e le regole operative (Agenzia Entrate – provvedimento 09 marzo 2022, n. 74913).

L’art. 3, D.Lgs. n. 128/2015 ha introdotto nell’ordinamento un regime di Adempimento collaborativo al fine di promuovere forme di comunicazione e di cooperazione rafforzata tra l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale.
L’istituto dell’Adempimento collaborativo si pone l’obiettivo di instaurare un rapporto di fiducia tra Amministrazione finanziaria e contribuente che miri ad un aumento del livello di certezza sulle questioni fiscali rilevanti. Tale obiettivo è perseguito tramite l’interlocuzione costante e preventiva con il contribuente su elementi di fatto, ivi inclusa l’anticipazione del controllo, finalizzata ad una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali.
Il regime comporta l’assunzione di impegni sia per l’Agenzia delle entrate sia per i contribuenti ammessi al regime e risponde ad esigenze di certezza e di stabilità nell’applicazione della norma tributaria e di riduzione del contenzioso.
L’art. 7, co. 4, D.Lgs. n. 128/2015 prevede una prima fase di applicazione del regime riservata ai contribuenti di maggiori dimensioni, che conseguono un volume di affari o di ricavi non inferiore a dieci miliardi di euro e, comunque, ai contribuenti che abbiano presentato istanza di adesione al Progetto Pilota sul Regime di Adempimento Collaborativo di cui all’invito pubblico del 25 giugno 2013, pubblicato sul sito ufficiale dell’Agenzia delle entrate.
Inoltre, l’art. 7, co. 4, lett. b), del medesimo decreto prevede che entro il 31 dicembre 2016, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze è fissato il termine finale della fase di prima applicazione del regime.
In attuazione di tali previsioni normative, il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 30 dicembre 2016 ha fissato al 31 dicembre 2019 il termine finale della fase di prima applicazione del regime di Adempimento collaborativo e, successivamente, il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 31 gennaio 2022 ha individuato gli ulteriori contribuenti ammissibili al regime dell’Adempimento collaborativo, per gli anni 2022, 2023 e 2024, ampliando la possibilità di accesso ai contribuenti con volume di affari e ricavi non inferiore a un miliardo di euro.
Ciò premesso, con il provvedimento del 09 marzo 2022, n. 74913 l’Agenzia delle Entrate ha aggiornato le previsioni in materia di competenza e modalità di applicazione del regime già declinate, con riferimento esclusivo alla fase di prima applicazione, dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 26 maggio 2017, confermando le scelte organizzative effettuate nel citato provvedimento.
A tale riguardo, viene confermata la competenza esclusiva dell’ufficio Adempimento collaborativo della Divisione Contribuenti – Direzione Centrale Grandi contribuenti e internazionale, per l’esercizio dei poteri istruttori di cui agli artt 32 e 33, D.P.R. n. 600/1973 e artt. 51, co. 2 e 52, D.P.R. n. 633/1972, sulle dichiarazioni presentate dai contribuenti aderenti.
Viene così declinato, con maggior grado di dettaglio, il ruolo di ascolto ed interlocuzione attiva degli uffici Grandi contribuenti delle Direzioni Regionali (aventi competenza su contribuenti di rilevanti dimensioni – con volume d’affari, ricavi e compensi di importo non inferiore a 100 milioni di euro – e presenti nelle Direzioni Regionali di Lombardia, Lazio, Campania, Emilia-Romagna, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto) che divengono partecipi del processo di riskanalysis dei contribuenti e di controllo sulle relative dichiarazioni presentate, supportando l’azione dell’ufficio Adempimento collaborativo della Direzione Centrale Grandi contribuenti e internazionale.
All’ufficio Adempimento collaborativo della Direzione Centrale Grandi contribuenti e internazionale vengono affidati compiti di indirizzo attraverso cui orientare e valorizzare il contributo delle nove strutture regionali coinvolte.

Resta confermata, per i periodi d’imposta in cui è operante il regime di Adempimento collaborativo, la competenza, in via esclusiva, dell’ufficio Adempimento collaborativo, per la gestione del complesso delle attività di cui all’art. 6, co. 1 e 2, del decreto, così come la competenza delle articolazioni territoriali nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del contribuente per il controllo formale e per la rettifica delle dichiarazioni presentate.

Superamento del periodo di comporto e nesso causale tra assenze ed infortunio

Per detrarre l’assenza per malattia dal periodo di comporto non è sufficiente che la stessa abbia un’origine professionale ma è necessario che in relazione ad essa sussista una responsabilità del datore di lavoro (Corte di Cassazione – ordinanza 04 marzo 2022, n. 7247).

Secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale sono riconducibili, in linea di principio, all’ampia e generale nozione di infortunio o malattia contenuta nell’art. 2110 c.c., comprensiva di impedimenti dovuti a cause di lavoro computabili nel periodo di conservazione del posto di lavoro previsto nel cit. art. 2110 c.c., la cui determinazione è da questa norma rimessa alla legge, alle norme collettive, all’uso o all’equità.
Non è sufficiente, perché l’assenza per malattia possa essere detratta dal periodo di comporto, che si tratti di malattia di origine professionale, meramente connessa cioè alla prestazione lavorativa, ma è necessario che in relazione a tale malattia e alla sua genesi sussista una responsabilità del datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c.
La Corte ha anche affermato che I’art. 2087 c.c. non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento, e che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro, e solo se il lavoratore abbia fornito la prova di tali circostanze sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi.
In particolare è stato ritenuto che gli oneri probatori spettanti al datore di lavoro ed al lavoratore sono diversamente modulati nel contenuto a seconda che le misure di sicurezza omesse siano espressamente e specificamente definite dalla legge (o da altra fonte ugualmente vincolante), in relazione ad una valutazione preventiva di rischi specifici, oppure debbano essere ricavate dallo stesso art. 2087 c.c., che impone l’osservanza del generico obbligo di sicurezza: nel primo caso, riferibile alle misure di sicurezza cosiddette “nominate”, la prova liberatoria incombente sul datore di lavoro si esaurisce nella negazione degli stessi fatti provati dal lavoratore, ossia nel riscontro dell’insussistenza dell’inadempimento e del nesso eziologico tra quest’ultimo e il danno; nel secondo caso, relativo a misure di sicurezza cosiddette “innominate”, la prova liberatoria a carico del datore di lavoro è invece generalmente correlata alla quantificazione della misura della diligenza ritenuta esigibile, nella predisposizione delle indicate misure di sicurezza, imponendosi, di norma, al datore di lavoro l’onere di provare l’adozione di comportamenti specifici che, ancorché non risultino dettati dalla legge (o altra fonte equiparata), siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, dagli “standards” di sicurezza normalmente osservati o trovino riferimento in altre fonti analoghe.
Riguardo al caso di specie, la Corte di Cassazione ha precisato che l’impossibilità della prestazione lavorativa è imputabile al comportamento della stessa parte cui detta prestazione è destinata. Pertanto, le assenze del lavoratore dovute a malattia connessa a specifici fattori di nocività insiti nelle modalità di esercizio delle mansioni e comunque presenti nell’ambiente di lavoro sono collegate allo svolgimento dell’attività lavorativa, anche quando il datore di lavoro sia responsabile di tale situazione nociva e dannosa, per essere egli inadempiente all’obbligazione contrattuale a lui facente carico ai sensi dell’art. 2087 c.c., norma che gli impone di porre in essere le misure necessarie, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per la tutela dell’integrità fisica e della personalità morale del lavoratore, atteso che in tali ipotesi l’impossibilità della prestazione lavorativa è imputabile al comportamento della stessa parte cui detta prestazione è destinata.
Le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale, in quanto riconducibili alla generale nozione di infortunio o malattia contenuta nell’art. 2110 c.c.., sono normalmente computabili nel previsto periodo di conservazione del posto, mentre, affinchè l’assenza per malattia possa essere detratta dal periodo di comporto, non è sufficiente che la stessa abbia un’origine professionale, ossia meramente connessa alla prestazione lavorativa, ma è necessario che, in relazione ad essa ed alla sua genesi, sussista una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c.

Agevolazioni “prima casa” su immobili in costruzione

In caso di immobile in costruzione acquistato usufruendo delle agevolazioni “prima casa”, i lavori di costruzione devono essere ultimati entro il termine di tre anni dalla registrazione dell’atto di compravendita. Il mancato rispetto del termine comporta la revoca dei benefici. (Corte di Cassazione – Sentenza 17 febbraio 2022, n. 5180).

La controversia riguarda la revoca delle agevolazioni “prima casa” in relazione all’acquisto di un immobile in costruzione, in seguito al parziale accatastamento con sdoppiamento in due unità immobiliari di cui una ad uso abitativo e l’altra risultante ancora in costruzione.
I giudici tributari hanno accolto il ricorso del contribuente, affermando l’illegittimità della pretesa tributaria in ragione del fatto che tutto l’immobile costituiva un’unica abitazione e lo “sdoppiamento” catastale, avvenuto successivamente all’acquisto, aveva natura “tecnica” e non sostanziale.
La decisione è stata riformata dalla Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la quale ha eccepito la legittimità della revoca dei benefici “prima casa” in considerazione della mancata ultimazione dei lavori entro il termine di decadenza imposto all’Amministrazione per i dovuti controlli sul rispetto dei requisiti di spettanza (tre anni dalla registrazione dell’atto di compravendita).

La Corte Suprema ha affermato che non vi è dubbio che i cd. benefici “prima casa” debbano essere riconosciuti anche nel caso di immobili in corso di costruzione; la norma agevolativa intende promuovere e favorire l’acquisto della casa da adibire a prima abitazione, sicché è sufficiente che ad una simile finalità tenda l’acquirente con l’atto di trasferimento, purché l’immobile acquistato sia idoneo ad essere utilizzato come alloggio e presenti le caratteristiche delle abitazioni non di lusso. Da ciò consegue che richiedere la presenza degli elementi “distintivi” già al momento della cessione dell’immobile, finirebbe per escludere dalla procedura agevolativa proprio l’acquisto di appartamenti di nuova abitazione che di solito avviene prima che la costruzione sia ultimata.
Oltre a ciò rileva la stessa natura giuridica dell’imposta di registro che, in quanto imposta d’atto, va applicata mediante una valutazione della clausole negoziali, quali si desumono dal documento sottoposto registrazione; di talché, se nell’atto il contribuente dichiara di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione nel Comune di residenza, di voler adibire l’immobile acquistato a propria abitazione e che si tratta di fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione non di lusso, l’agevolazione deve essere riconosciuta, in quanto ciò che la legge chiede è che oggetto del trasferimento sia un fabbricato destinato ad abitazione, cioè che sia strutturalmente adeguato ad essere destinato all’uso e non occorre che esso sia già idoneo al momento dell’acquisto.
Sulla base di tali principi, dunque, si è affermato in giurisprudenza l’orientamento che riconosce i benefici della “prima casa” all’acquirente di immobile “in corso di costruzione” da destinare ad abitazione “non di lusso”.
Considerato che la norma agevolativa non prevede un termine per l’ultimazione dei lavori di costruzione dell’immobile, deve ritenersi applicabile il principio generale secondo il quale, quando la legge non ha fissato in modo specifico un termine entro il quale si deve verificare una condizione dalla quale dipenda la concessione di un beneficio, tale termine non potrà essere mai più ampio di quello previsto per i controlli, i quali, diversamente, non avrebbero alcun senso.
Pertanto, nel caso di agevolazioni “prima casa” fruite per un immobile in costruzione, il contribuente deve realizzare la finalità dichiarata di destinare a “prima casa” l’immobile acquistato entro tre anni dalla richiesta di registrazione dell’atto di compravendita; ne consegue che entro detto termine devono essere ultimati i lavori, pena la revoca dei benefici.
Una diversa interpretazione che posticipi i controlli alla data di ultimazione dei lavori, comporterebbe un differimento sine die dell’attività di verifica, privandola di significato.
Nel caso di specie, il contribuente ha provveduto entro il termine triennale ad attribuire a parte dell’immobile la categoria A/2, e ad altra parte la categoria F/3 (fabbricati in corso di costruzione) avente carattere provvisorio, legittimando la revoca dell’agevolazione, in considerazione della mancata realizzazione della finalità dichiarata nell’atto di acquisto.

Licenziamento: recesso operato in frode alla legge

9 mar 2022 Non è consentito al datore di lavoro tornare sulle scelte compiute quanto al numero, alla collocazione aziendale ed ai profili professionali dei lavoratori in esubero, ovvero ai criteri di scelta dei singoli lavoratori da estromettere, attraverso ulteriori e successivi licenziamenti individuali la cui legittimità è subordinata alla individuazione di situazioni di fatto diverse da quelle poste a base del licenziamento collettivo.

La Corte di appello territoriale ha rigettato il reclamo proposto dall’azienda avverso la sentenza del Tribunale che aveva dichiarato la nullità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato al lavoratore in frode alla legge, perché fondato sulle medesime ragioni che avevano dato luogo in precedenza ad un licenziamento collettivo e senza, tuttavia, che ne fossero stati rispettati gli adempimenti previsti ed in particolare senza alcuna comparazione con gli altri dipendenti.
Per la cassazione della sentenza l’azienda ha proposto ricorso, sostenendo che nello specifico non fosse ravvisabile alcun intento elusivo o fraudolento, evidenziando che al lavoratore non sarebbe stata preclusa l’adesione alla fase di risoluzione volontaria concordata in sede sindacale e che dunque questi non avrebbe potuto lamentare la mancata comparazione con gli altri lavoratori, caratteristica della procedura di licenziamento collettivo che, di fatto, non era stata mai attivata.
La Corte ha rigettato il ricorso, riconoscendo l’identità delle ragioni poste a fondamento della procedura collettiva e di quelle invocate per giustificare il recesso dal rapporto di lavoro con il dipendente in questione e ha ribadito il consolidato principio di diritto secondo cui, in tema di licenziamento collettivo, la gestione procedimentalizzata è volta a realizzare l’effettivo coinvolgimento del sindacato nelle scelte organizzative dell’impresa, vincolando l’imprenditore al loro rispetto anche dopo la chiusura della procedura; pertanto realizza uno schema fraudolento il licenziamento per giustificato motivo oggettivo disposto per gli stessi motivi già addotti a fondamento di un precedente licenziamento collettivo (Corte di Cassazione, Ordinanza 07 marzo 2022, n. 7400).

Uneba Puglia – Elemento di Garanzia dal 1 gennaio 2022

Uneba Puglia comunica che per gli enti della regione devono procedere all’erogazione della Quota A di cui all’art. 43 del CCNL di settore

Uneba, con comunicato del 2/3/2022, informa che le trattative sul contratto regionale Uneba Puglia, si sono concluse senza un accordo in merito all’erogazione dell’Elemento di garanzia.
Pertanto, come prevede l’art. 43 del CCNL per le istituzioni socio assitenziali Uneba, del 20/1/2020, tutte le organizzazioni della Puglia che applicano il Contratto Uneba dovranno procedere con l’erogazione della “quota A” (€ 20,00 di incremento tabellare), con decorrenza 1/1/2022.